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con MASSIMILIANO BALESTRERO

Agricoltura e Allevamenti

Agricoltura e Allevamenti

Agricoltura e allevamento, attività primarie per la vita dell’uomo e importanti per la conservazione dell’ambiente, sono nella nostra regione contemporaneamente sia attività a rischio, percheé in molte zone oppresse dall’eccessivo consumo di suolo, sia attività dal forte impatto sulla salute se concentrate nella loro forma intensiva.

Agricoltura e allevamento, attività primarie per la vita dell’uomo e importanti per la conservazione dell’ambiente, sono nella nostra regione contemporaneamente sia attività a rischio, percheé in molte zone oppresse dall’eccessivo consumo di suolo, sia attività dal forte impatto sulla salute se concentrate nella loro forma intensiva.

Gli allevamenti intensivi, numerosi in pianura Padana e in Lombardia, sono fonte principale di emissioni di ammoniaca che si combina in atmosfera con altre componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le polveri fini, molto pericolose per la salute umana. Dagli allevamenti proviene il 17% del PM2,5 (più che dal settore trasporti e industrie) con picchi per la Lombardia del 50% (fonte Greenpeace).

Nella nostra regione, come in altre della pianura padana, attività illegali di spandimento di fanghi tossici hanno interessato migliaia di ettari di terreni agricoli, con grave pericolo per la salute e per la qualità delle falde acquifere causando altresì problematici casi di molestie olfattive.



Proposte :

A. Costruire un nuovo modello di sviluppo agricolo orientato verso la transizione sostenibile

B. Riordinare e rivalutare le procedure autorizzative per le attività a carattere intensivo

C. Rilanciare il ruolo fondamentale dell’agricoltura per la valorizzazione del territorio e la conservazione della biodiversità

D. Incentivare l’agricoltura realmente sostenibile e la filiera corta

E. Sostenere strumenti, strategie e tecnologie avanzate da impiegare per la valorizzazione dell’attività agricola dal punto di vista economico e in termini di sostenibilità (Agricoltura 4.0)

F. Favorire lo sviluppo agricolo nelle aree montane e il recupero di terreni agricoli abbandonati

G. Garantire la tracciabilità e il controllo dei materiali classificati come fertilizzanti e della correttezza delle

procedure di spandimento



GESTIONE DELLE ACQUE

La scorsa estate anche la nostra regione è stata colpita da un’ondata di calore e da una emergenza idrica senza precedenti. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche la Lombardia ha avuto la più alta percentuale (62%) di superficie interessata da siccità di livello severo-estremo. Le conseguenze sono state l’abbassamento delle falde, la mancanza d’acqua potabile e per l’irrigazione, la sofferenza dei fiumi con evidente moria di pesci in condizioni già pessime a causa della carente qualità delle acque Anche nella stagione autunnale è mancato il 43% della pioggia normale amplificando una carenza che si prolungava da mesi.

Non sono sufficienti le formali dichiarazioni di stato di emergenza: i danni per l’agricoltura sono stati ingenti (secondo Confagricoltura Lombardia dal 30 al 50%) e a questi si aggiungono i preoccupanti effetti sulla vita e la salute di tutti i cittadini nel caso tale crisi climatica dovesse ulteriormente aggravarsi.



Proposte :

Definire un Patto per l’Acqua condiviso e un piano di prevenzione in capo alla Regione per affrontare il tema della siccità, della crisi idrica e delle necessità di irrigazione

Sostenere una maggiore attenzione al ciclo integrato delle acque per proteggere la risorsa acqua in termini qualitativi e quantitativi evitando sprechi

Aumentare il recupero dell’acqua piovana e l’impiego di acqua non potabile per l’irrigazione anche in ambito urbano

Utilizzare finanziamenti per l’attuazione di sistemi di drenaggio urbano sostenibile e per la depavimentazione delle superfici asfaltate

Attuare un piano operativo di cura e tutela del reticolo idrico, con un’accurata indagine sullo stato di qualità e un deciso intervento sugli scarichi abusivi oltre ad una corretta manutenzione dei corsi d’acqua ripristinando le caratteristiche naturali

Redigere e attuare un piano di protezione dei ghiacciai dell’arco alpino, i ghiacciai sono i testimoni silenziosi del cambiamento climatico che piano piano stanno scomparendo.L’area montuosa che Alpine Subalpina che va tutelata e riteniamo sia urgente la richiesta di un piano di gestione integrata dei ghiacciai per la loro protezione.



PARCHI IN LOMBARDIA

Nella Regione con una biodiversità tra le più ricche d’Italia, per via della variabilità dei suoi ben 57 habitat, alpini e di pianura, 71 specie animali e vegetali e 87 specie di uccelli protetti a livello europeo, la tutela delle aree protette è solo sulla carta.
Nonostante a dicembre Regione Lombardia abbia approvato la Strategia sulle aree protette, proprio mentre nella COP 15 sulla biodiversità la comunità internazionale ha deciso che occorre tutelare in modo serio il 30% del pianeta per poter continuare a beneficiare dei frutti e della protezione che le aree protette ci assicurano, ad oggi molti dei parchi lombardi non hanno un piano del parco.



Il Parco dello Stelvio, il più importante, per effetto delle pressioni politiche regionali è stato derubricato alla sommatoria di tre parchi regionali, uno spezzatino che diviso tra Lombardia, Veneto e Province di Trento e Bolzano non ha un piano perché dovrebbero essere messi insieme tre piani locali, che ovviamente non riescono a vedere la luce e a dialogare tra di loro. Il risultato è che dalla sua istituzione ad oggi si sono realizzate centrali, impianti da sci che ci sono costati procedure di infrazione europea in occasione dei mondiali di sci del 2005), villaggi turistici, insomma tutto tranne che una protezione seria e una gestione adatta a portare avanti politiche turistiche sostenibili capaci di portare ricchezza alle popolazioni locali, grazie a un ambiente preservato.



Gli altri Parchi non stanno meglio: il Parco delle Orobie Bergamasche, il parco delle Orobie Valtellinesi, il Parco della Grigna sono senza piano del parco. Quindi manca uno strumento che assicuri che il parco possa assolvere alle funzioni che tutti gli stati del pianeta nella Cop 15 hanno riconosciuto dipendere dalle aree protette: erogazione dei servizi ecosistemici (acqua pulita, mitigazione del clima, protezione idrogeologica, agricoltura di qualità, generazione di biodiversità, protezione delle comunità umane dalle malattie, fibre, valori ricreativi).



E anche i Parchi che un Piano l’hanno, come il Parco del Ticino, il più importante corridoio ecologico tra appennini e Alpi, dovrebbe venir sacrificato alla crescita senza fine dell’aeroporto di Malpensa.



La ragione di questa débâcle dei Parchi sta anche nella governance dei Parchi, in cui hanno la maggioranza i rappresentanti dei comuni e della Regione, che insieme a cacciatori e ad agricoltori godono di diritto di voto mentre ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste, in minoranza (1 solo componente) e spesso solo meri uditori.



Non è tutto, perché la recente riforma regionale dei parchi ha visto addirittura spostare le competenze prima riservate ad enti gestori competenti e vicini alle aree protette a enti lontani e con habitat diversi, contraddicendo il monito dell’Unione europea e dando vita a un sistema irrazionale, in cui non solo controllare, ma anche gestire per creare ricchezza sostenibile è del tutto impossibile.



L’ultima chicca è una proposta della Giunta Regionale che vorrebbe riformare la figura dei Direttori dei Parchi, ad oggi necessariamente dotati di competenze scientifiche, eliminando questo requisito.



Il tutto in un contesto montano o rurale che ha perso abitanti, in cui si chiudono scuole, ospedali, uffici postali, piccole attività artigianali, e in cui il futuro si lega a faraonici progetti di infrastrutturazione sciistica che non verranno mai perché al 2030 di ghiacciai, neve e acqua ce ne sarà poca, o di consumo di suolo che non porta bellezza o reddito diffuso.



Proposte

Ecco allora quello che serve:

Riformare la governance dei parchi riportando nelle stanze dei bottini chi sa come funzionano le aree protette: le grandi associazioni che hanno aree protette di proprietà, le oasi del wwf o di Lipu ad esempio, o i luoghi del Fai, sono esempi di bellezza naturale e paesaggistica che produce reddito, turismo di qualità, agricoltura e attività sostenibili, e reddito diffuso, impiegando le popolazioni locali.

Approvare in fretta i piani dei parchi e tutta quella parte proattiva di finanziamento delle attività locali coerenti con la conservazione che ad oggi non sono mai partite, sul modello altoatesino, austriaco o svizzero.

Rafforzare la presenza di servizi pubblici a tutela delle comunità locali che vivono nelle aree protette, per consentire quella protezione e sviluppo che nasce dal sentimento di identità e appartenenza tra un popolo, il suo territorio e le altre forme di vita che esso ospita: forese, boschi, fauna, flora, pesci, e che lo rendono attrattivo.

Ricostruire il senso e l’autonomia dei parchi regionali, adesso fatti con lo stampino, satelliti regionali, per restituirli a un compito che non è quello di fare da cassa di espansione per quello che non sta più nell’urbanizzato (caccia, discariche, industrie, agricoltura intensiva), ma di essere la cassaforte della nostra assicurazione sulla vita.

Prevedere che i bilanci dei parchi investano sul territorio, sulla protezione della natura e incentivino le economie locali compatibili, o la loro transizione verso forme compatibili, anche con la logica dei servizi ecosistemici, così da remunerare chi se ne occupa rendendo la protezione del territorio un’attività redditizia e non già un sacrificio. A tal fine una parte delle tasse automobilistiche dovrebbero essere destinate al finanziamento delle aree protette, che assorbono gran parte dell’inquinamento prodotto dalla circolazione dei mezzi endotermici che sono la gran parte del parco circolante della Regione Lombardia.

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