con MASSIMILIANO BALESTRERO
Sanità
I cittadini lombardi hanno diritto a una sanità pubblica di prossimità che si rivolga alla persona non solo come paziente ma come cittadino a cui va garantito il diritto alla salute.
LA SALUTE DIRITTO FONDAMENTALE DEVE ESSERE GARANTITA E LA REGIONE HA QUESTO COMPITO E QUESTA RESPONSABILITÀ
UNA NUOVA LEGGE UNA NUOVA SANITÀ PERCHÉ IN LOMBARDIA LA SALUTE TORNI A ESSERE UN DIRITTO E NON UNA MERCE
I cittadini lombardi hanno diritto a una sanità pubblica di prossimità che si rivolga alla persona non solo come paziente ma come cittadino a cui va garantito il diritto alla salute.
È necessario pertanto riorganizzare la sanità in Lombardia cancellando l’attuale legge Moratti e sostituendola con una nuova legge regionale che garantisca il fondamentale diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione e riaffermi i contenuti della legge 833/78 che istituì il servizio sanitario nazionale.
Proposte
Ecco i punti principali per la tutela della salute e un Servizio Sanitario Regionale radicalmente rinnovato:
160 decessi ogni 100.000 abitanti, in totale circa 16.000 l’anno, per malattie correlate all’inquinamento atmosferico; costante aumento di affezioni respiratorie nei bambini, direttamente riconducibili al degrado della qualità dell’aria che si respira, Questi dati impongono l’adozione di misure di contrasto sui principali agenti responsabili delle emissioni, in primo luogo gli allevamenti intensivi della pianura lombarda, il traffico autoveicolare, gli impianti di riscaldamento. Nella programmazione sanitaria la Regione riconosce l’importanza della salute degli animali, della qualità dell’ambiente e dei cambiamenti climatici, promuovendo un approccio collaborativo, multisettoriale a livello regionale e locale, per affrontare malattie zoonotiche, resistenza antimicrobica, sicurezza alimentare, malattie trasmesse da vettori, contaminazione ambientale, problemi derivanti dagli allevamenti intensivi, sicurezza sul lavoro e altri rischi per la salute. In attesa di una nuova legislazione regionale sulla salute animale, è necessaria una moratoria sulle autorizzazioni per gli allevamenti, anche se già rilasciate nell’ultimo anno. Questi interventi di sanità pubblica richiederanno la collaborazione tra le cure primarie, i Dipartimenti di Prevenzione, i servizi veterinari e l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, attuando momenti di collaborazione e formazione tra operatori della salute umana (medici, infermieri, operatori della sanità pubblica), operatori che intervengono sulla salute animale (veterinari, lavoratori agricoli, allevatori, esperti della fauna selvatica) e addetti alla tutela dell’ambiente.
Il principio della concorrenza tra erogatori pubblici e privati intesi come fornitori di prestazioni va superato e il principio di equivalenza fra strutture pubbliche e private nella erogazione dei finanziamento, esplicitato all’art. 2 nella legge 22/21 deve essere abrogato e totalmente rivisto. La regione dovrà assegnare i finanziamenti derivanti dalla ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale prioritariamente ai servizi pubblici.
Il governo pubblico del Servizio Sanitario deve partire da una programmazione sanitaria a livello regionale e territoriale, con la definizione di obiettivi in relazione all’analisi dei bisogni di salute, che si traduca in un Piano Socio-Sanitario Regionale (PSSR) vincolante anche per la ripartizione delle risorse finanziare tra i territori. In particolare, va rivisto il sistema di remunerazione, per finalizzare i budget ai risultati di salute e non solo alle prestazioni dei servizi. Il governo pubblico non deve essere limitato al controllo dei costi e finalizzato solamente al raggiungimento dell’efficienza erogativa delle prestazioni ma assumere il compito prioritario di migliorare lo stato di salute e il valore individuale e collettivo prodotto dal servizio.
La programmazione a livello territoriale va attuata dalle Aziende Socio-Sanitarie Territoriali (ASST) nel quadro del PSSR attraverso il Piano Socio-Sanitario Territoriale, elaborato col parere vincolante dei comuni, espresso dalle rispettive assemblee di rappresentanza, prevedendo forme di partecipazione dei cittadini, in armonia con l’atto di indirizzo del 6.10.2022 del ministero della salute riguardante le modalità di partecipazione ai processi decisionali.
I criteri di assegnazione dei fondi pubblici derivanti dal riparto del Fondo Sanitario Nazionale vanno rivisti allineandoli il più possibile alla domanda assistenziale dei vari gruppi della popolazione. L’asse della programmazione e dello stanziamento preventivo delle risorsefinanziarie e professionali deve essere la classificazione predittiva della domanda sanitaria per gruppi di cittadini e non solo per gruppi di patologie.
Le Agenzie di Tutela della Salute (ATS) vanno abolite e le funzioni di accreditamento,contrattualizzazione e controllo vanno svolte direttamente dalla Direzione Generale Welfare della Regione, se necessario istituendo sezioni provinciali decentrate
L’accreditamento e l’autorizzazione delle strutture pubbliche e private devono essere rilasciati in base a criteri legati ai fabbisogni di assistenza definiti dalla programmazione socio-sanitaria.
I rapporti contrattuali tra Servizio Sanitario Regionale ed erogatori privati vanno regolati da contratti concordati sugli obiettivi della Programmazione regionale e territoriale, con dettagli predittivi di risultati da verificare annualmente rispetto agli obiettivi. I contratti potranno essere sospesi o ritirati e gli accreditamenti revocati per inadempienze, fatturazioni improprie e reati accertati dalla magistratura. Il budget per gli enti privati deve essere unico a livello regionale e nei contratti devono essere elencate le strutture che fanno capo all’ente e la preventiva determinazione in quantità e tipologia delle prestazioni erogabili. Devono anche essere fissati i limiti di erogazione per gli utenti extraregionali.
Gli enti privati gestori di più di due presìdi, strutture ambulatoriali o unità d’offerta sociosanitarie in rapporto contrattuale con la Regione devono fornire periodicamente informazioni sulle dotazioni organiche e pubblicare bilanci e prospetti dei conti, in analogia agli enti pubblici, distinti dai costi e dalle entrate provenienti da attività extracontrattuali. Ogni cambiamento della ragione sociale, cessione della proprietà o cambio di gestione dovrà essere comunicato per un riesame dell’accreditamento e del rapporto contrattuale.
Le ASST devono coordinare i servizi pubblici e privati in un bacino di utenza omogeneo, corrispondente al massimo al territorio di una provincia, comprendente uno o più municipi o comunque, e gestire in modo unitario la prevenzione, le cure primarie e specialistiche, i servizi socio-sanitari e riabilitativi, promuovendo l’accesso alle cure con interventi atti a superare le differenze determinate da fattori economici e sociali.
I Servizi Pubblici delle ASST vanno organizzati in Distretti, Dipartimenti e Presìdi Ospedalieri, con attenzione all’integrazione socio-sanitaria, garantita in collaborazione coi Comuni. Il bacino di utenza delle ASST deve essere diviso in Distretti che servano una popolazione tra 50.000 e 100.000 abitanti, con deroghe per i territori montani e disagiati.
In ogni distretto va istituito il Dipartimento di Prevenzione collettiva e individuale, con attenzione agli elevati rischi sulla salute da inquinamento di aria acqua e suolo, e dovranno essere disponibili almeno due di Comunità e un Ospedale di Comunità a gestione pubblica. Le Case di Comunità devono prevedere la presa in carico della persona attivando al proprio interno luoghi e momenti di collaborazione diretta fra il settore sanitario e sociale col coinvolgimento dei comuni e dei municipi, non solo attraverso le assemblee già istituite dalla legge, ma anche attraverso strumenti di partecipazione democratica. A tale scopo devono essere previsti spazi fisici per la partecipazione della popolazione.
La realizzazione da parte della Regione degli interventi finanziati nell’ambito del PNRR Missione 5 e 6 e i relativi appalti e assegnazioni deve essere caratterizzata dalla massima trasparenza, anche al fine di evitare il ricorso a rapporti contrattuali pubblico/privato che siano fonte di debito a carico della spesa corrente futura. La dotazione di personale necessaria all’attivazione dei nuovi servizi creatie con i finanziamenti PNRR deve essere programmata e finanziata dalla Regione. Le dotazioni tecnologiche, digitali ed informatiche risultanti dalle realizzazioni delle varie componenti finanziate dalla Missione 5 e 6 devono essere di proprietà pubblica e gestite direttamente da parte della Regione, eliminando o ridimensionando ARIA Spa e le società regionali in house. Alla Regione è assegnata la gestione dell'infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati. I dati sanitari e amministrativi devono essere obbligatoriamente raccolti e forniti da tutti i soggetti privati in rapporto convenzionale o contrattuale.
I Presìdi ospedalieri pubblici afferiscono alle ASST e i Presìdi ospedalieri privati devono essere coordinati dalle ASST nel cui bacino di utenza si trovano, secondo gli accordi contrattuali definiti in base alla programmazione territoriale. A livello regionale gli ospedali devono essere organizzati nella rete regionale ospedaliera la cui programmazione è dettata dal Piano Ospedaliero, in modo da fare coincidere la richiesta all’offerta. L’offerta di cure intermedie da parte degli Ospedali di Comunità deve essere collegata a un consistente aumento di letti di medicina generale per le cure nella fase di acuzie, evitando le dimissioni precoci o i trasferimenti diretti in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Gli accreditamenti di nuove strutture ospedaliere devono incentivare l’offerta in zone sguarnite evitando squilibri nell’offerta o lunghi trasferimenti da parte degli utenti.
La gestione delle RSA e delle Residenze per Disabili, per oltre il 90% in capo a soggetti privati, nelle quali sono accolti malati cronici non autosufficienti i cui costi per il 60% risultano a carico della persona o del comune di residenza, va ricondotta all'interno del Servizio Sanitario Regionale. Deve essere garantita la copertura dei costi sanitari da parte della Regione con criteri valutativi prefissati per tutte le strutture nel rispetto dei nuovi livelli essenziali di assistenza. L’accoglienza nelle RSA deve essere preceduta da una valutazione dei bisogni e non della capacità reddituale del paziente o della famiglia. La Regione integra con fondi propri la dotazione prevista dalla normativa nazionale a tale fine. La Regione predispone un piano della cronicità a livello regionale che preveda lo sviluppo di politiche connesse tra quanto prevede la missione 5 e 6 del PNRR e la disponibilità di servizi di assistenza domiciliare, assistenza diurna e residenzialità con priorità di offerta per i cittadini cronici, fragili e disabili maggiormente bisognosi. Gli standard degli organici di personale medico, infermieristico e di supporto devono essere mantenuti e verificati costantemente pena la cessazione del rapporto contrattuale. Le RSA di proprietà comunale in gestione di società private non possono essere cedute a società di capitali private senza l’autorizzazione regionale.
I Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta vanno incentivati alla medicina di gruppo e a operare nelle Case della Comunità o in collegamento funzionale con esse, formando Unità Complesse di Cure Primarie, a cui vanno ricondotte le cure integrate delle patologie croniche, con la contestuale abolizione della delibera X/6164 del 30.1.2017 (modello lombardo della presa in carico del malato cronico) e di quelle successive che ne hanno disciplinato l’attuazione.
Vanno attuate le normative in vigore per la gestione delle liste di attesa, legandole a obiettivi di massima trasparenza e contenimento dei tempi, utilizzando i previst incentivi per l’implementazione dell’offerta. I servizi privati e pubblici devono rendere pubbliche le liste di attesa per ricoveri e prestazioni, garantendo contrattualmente gli stessi tempi di attesa per gli assistiti del SSN come per tutti gli altri paganti in proprio o coperti da tutele assicurative. Vanno uniformate le centrali di prenotazione e accettazione, includendo anche privati convenzionati, accorpandole per aree omogenee. Ferma restando la responsabilità del Direttore Sanitario, il Referente Unico per l’accesso (RUA) deve effettuare il controllo centralizzato delle liste di attesa, affinché vengano assicurate uniformità di accesso, equità, trasparenza e uso ottimale delle risorse disponibili. A tale fine, il RUA deve predisporre controlli attraverso il sistema informatizzato di gestione dell’accesso alle prestazioni di ricovero programmato per garantire: la gestione totalmente informatizzata delle agende di prenotazione, la definizione dei criteri di priorità per l’accesso secondo modalità coerenti rispetto alle indicazioni regionali; la finalizzazione delle risorse, ivi compresa la committenza verso le strutture private accreditate,il superamento delle criticità in materia di liste di attesa. Il RUA deve definire interventi, anche formativi, che garantiscano la gestione dell’accoglienza dei pazienti, delle informazioni e della permanenza in lista con idonee competenze da parte degli operatori coinvolti.
La libera professione intramuraria non va effettuata al di fuori degli ospedali e nelle strutture territoriali dei distretti.
I Distretti, nel quadro dell’integrazione socio-sanitaria, devono organizzare i servizi di salute mentale degli adulti, dell’età evolutiva e per le dipendenze favorendo tutti gli interventi di promozione e tutela della salute mentale, tenendo conto che la salute mentale è un bene comune non delegabile interamente ai servizi, in collaborazione coi Dipartimenti di Prevenzione. L’accessibilità dei servizi va garantita sulle 12 ore e gli interventi sul territorio e a domicilio vanno incentivati, secondo le indicazioni del decreto ministeriale sugli standard per l’assistenza territoriale dei servizi di salute mentale adulti, dipendenze patologiche, neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Va favorita con le opportune soluzioni logistiche la collocazione di questi servizi nelle Case di Comunità.
I Consultori familiari devono svolgere i compiti indicati nella legge istitutiva 405/1975, operando in collegamento funzionale con l Case di Comunità in un contesto di multidisciplinarità, scomponendo le gerarchie verticali delle conoscenze e delle organizzazioni, in dimensioni orizzontali e pluridisciplinari, con pari dignità delle varie professioni, prevedendo forme di partecipazione delle donne per la programmazione e il controllo delle attività consultoriali. L’attuazione della legge 194/1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza deve avere un ruolo centrale e deve essere condizione per l’accreditamento dei consultori pubblici e privati. Va portato a compimento il Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000 che prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti e ogni 15.000 nelle zone rurali. Nei consultoriva prevista un'équipe multidisciplinare che svolga un'attività integrata di assistenza e informazione in relazione all'incongruenza e alla disforia di genere in età adulta ed in età evolutiva.
La regione attua modalità di sostegno della ricerca pubblica indipendente, non incentiva forme di sanità integrativa e ritira le richieste in precedenza presentate di autonomia differenziata.
Approccio One-Health: la transizione ecologica deve ristabilire l’equilibrio armonico tra uomo e natura: la pandemia ci ha ricordato come la salute umana sia strettamente correlata alla salute del pianeta (secondo l’approccio One Health, salute planetaria. Ne è un esempio il tema della qualità dell’aria, occorre sinergizzare l’azione dei diversi assessorati al fine di avere un approccio comune alla salute ambientale e alla salute umana.